Relazione della ricerca:
“L’arteterapia e i suoi benefici per la cura dell’Alzheimer o di altre demenze”
Sommario
INTRODUZIONE
DEFINIZIONE
L’UTILITÀ DELL’ARTETERAPIA
Gli effetti positivi
Arteterapia come supporto alla diagnosi
Gli effetti dell’arteterapia a lungo termine
TEORIE ALLA BASE
INDICAZIONI PER L’ARTETERAPIA
CONCLUSIONE: L’ARTETERAPIA IN ITALIA
BIBLIOGRAFIA
Il Ministero della Salute definisce la demenza come "malattia cronico degenerativa caratterizzata dalla progressione più o meno rapida dei deficit cognitivi, dei disturbi del comportamento e del danno funzionale con perdita dell'autonomi e dell'autosufficienza con vario grado di disabilità e conseguente dipendenza dagli altri, fino alla immobilizzazione a letto." (Ministero della salute, 2021).............
Alla luce di questo, e alla luce del costo che le terapie farmacologiche possono avere su una mole così ampia di soggetti, negli ultimi anni si è volta un'attenzione sempre maggiore alle terapie non farmacologiche - ovvero, tutte quelle che non prevedono l'utilizzo di medicinali. Hanno però lo stesso fondamentale scopo delle terapie farmacologiche, ovvero quello di migliorare i sintomi generali della demenza, da quelli cognitivi e comportamentali al funzionamento effettivo del soggetto (Caltagirone et al., 2005). In mezzo a queste terapie, ne troviamo una di particolare interesse: l'arteterapia.................
Il termine "Arteterapia" è stato coniato negli anni ‘40 da Adrian Hill. Egli, durante un periodo di convalescenza, ha utilizzato l'arte come metodo per contrastare l'immobilità fisica e psicologica legata a lunghi periodi passati in cura ospedaliera: ai suoi albori, l’arteterapia è stata promossa da Hill sia con malati di tubercolosi, per alleviare la tendenza all'introspezione morbosa tipica delle lunghe degenze ospedaliere, sia anche con soldati reduci dalla Seconda Guerra Mondiale (Hogan, 2001). Ma, esattamente, di cosa si tratta?
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L’arte può essere usata per seguire il corso della malattia di demenza. I disegni di soggetti affetti da demenza di Alzheimer, per esempio, tendono a manifestare alcune caratteristiche ricorrenti, quali regressione, semplificazione, disorganizzazione, perseverazione, linee sparse, pochi dettagli, prospettiva confusa (Wald, 1986; Kahn-Denis, 1997). Esistono, a questo scopo, test specifici che possono essere potenzialmente più puntuali, come il disegno dell'orologio, che richiede un certo grado di organizzazione spaziale e pianificazione (Parsey & Schmitter-Edgecombe, 2011).
Scarseggiano, purtroppo, studi che rivelino gli effetti a lungo termine dell’arteterapia: talvolta si tratta di cambiamenti che non vengono rilevati dai convenzionali strumenti di misura, e sono invece menzionati in maniera aneddotica dal personale specializzato che registra però miglioramenti a livello di comunicazione, benessere e riconoscimento degli altri (Phillips et al., 2010; Reid, Rusted et al., 2006).
Trattamenti non-farmacologici come l'arteterapia non sembrano essere sufficientemente implementati nel contesto italiano, al contrario invece dei trattamenti farmacologici, che sono molto più ampiamente diffusi: è un dato che preoccupa, soprattutto alla luce del fatto che l'Agenzia Italiana del Farmaco stessa ha rilasciato linee guida che vanno a sottolineare i rischi che si possono correre nel somministrare alcuni tipi di medicinali a individui con demenze (Azermai et al., 2013).
Ciò che ci si auspica per il futuro è che l'attenzione per questa specifica attività possa crescere: dalla letteratura internazionale ciò che emerge sono, complessivamente, risultati incoraggianti, ed esistono le basi teoriche per giustificare l’uso dell'arteterapia nella cura e nel miglioramento della qualità della vita delle persone affette da demenze.